Con la sentenza n. 36 del 27 marzo 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 58, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992 (modificato dal D.Lgs. n. 220/2023 in materia di processo tributario), nella parte in cui vieta sempre e comunque il deposito in appello di deleghe, procure e altri atti di conferimento di potere.

La norma era stata contestata da alcune Corti di giustizia tributaria (Campania e Lombardia) per violazione di diversi principi costituzionali, tra cui il diritto di difesa e il giusto processo.
Cosa ha deciso la Corte
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Illegittimità parziale del divieto di deposito in appello: La Corte ha ritenuto irragionevole vietare sempre il deposito di atti come deleghe e procure, anche quando la parte non ha potuto produrli in primo grado per cause non imputabili. Tale divieto assoluto lede il diritto alla prova e compromette l’effettività della difesa.
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Legittimo invece il divieto relativo alle notifiche: È stato invece confermato come costituzionalmente legittimo il divieto di produrre in appello le notifiche dell’atto impugnato o degli atti presupposti. Secondo la Corte, questi documenti devono essere noti all’amministrazione fin dall’inizio e sono parte integrante dell’azione impositiva.
Retroattività della nuova disciplina: incostituzionale
La Corte ha infine dichiarato incostituzionale anche l’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. n. 220/2023, nella parte in cui stabilisce che le nuove regole sulle prove si applichino a tutti i giudizi di appello iniziati dopo l’entrata in vigore della norma, anche se il primo grado è stato svolto con le vecchie regole. Questa retroattività è stata ritenuta lesiva del principio di affidamento e certezza del diritto.
Conclusione
La sentenza ristabilisce un equilibrio tra le esigenze di efficienza del processo tributario e le garanzie difensive delle parti, affermando che non è possibile impedire il deposito in appello di atti fondamentali come le procure, quando non sia dipeso da negligenza della parte. Allo stesso tempo, conferma la necessità di rigore sul tema delle notifiche, per garantire la legittimità dell’azione amministrativa.
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