Tari, Pa tenuta a un’adeguata ponderazione tra i due metodi per il calcolo delle tariffe

Pubblicato il 30 gennaio 2025 alle ore 10:29

Per la determinazione delle tariffe Tari la Pa, pur godendo di ampia discrezionalità, non può optare per il “metodo normalizzato” piuttosto che per quello “puntuale” senza operare un’adeguata ponderazione tra di essi, soprattutto nel caso in cui emergano elementi tali da far propendere per una applicazione iniqua e sproporzionata della tariffa rifiuti. 

Secondo quanto emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 81/2025, il metodo “normalizzato” non può essere sic et simpliciter preferito al metodo “puntuale” ma occorre un’analisi, in termini di costi e benefici, non solo per la Pa sul piano organizzativo ma anche per il privato sul piano delle tariffe che non debbono risultare manifestamente inique e sproporzionate rispetto al volume delle quantità di rifiuti effettivamente prodotte, soprattutto dove ciò risulti in qualche modo agli atti della Pa.

I fatti

La controversia riguarda una delibera con cui un Comune ha determinato le misure della tariffa sui rifiuti, applicando alle autorimesse un coefficiente di produzione rifiuti equivalente al valore medio previsto dal metodo normalizzato e inserendole nella stessa categoria dei magazzini senza vendita diretta. La delibera è stata impugnata in seguito alle perizie di parte da cui è emerso che il quantitativo annuo di rifiuti prodotti all’interno delle aree di parcheggio sarebbe notevolmente inferiore rispetto a quello presuntivamente stimato dall’amministrazione. Secondo il ricorrente, tenuto conto dei risultati delle perizie, il Comune avrebbe dovuto rideterminare la tariffa sulla base del metodo “puntuale” (ossia sulla base delle quantità effettive e non presunte di rifiuti producibili) in considerazione, sia della evidente sproporzione tra rifiuti effettivamente prodotti da tali categorie di utenti e la stima di rifiuti producibili sulla base del metodo normalizzato adottato, sia della carenza di motivazione laddove non si dà conto, nella delibera comunale, della mancata applicazione del metodo “puntuale” in luogo di quello “normalizzato” (basato su una mera stima dei rifiuti teoricamente producibili).

La decisione

Secondo il Consiglio di Stato, di regola, rientra nella facoltà dell’ente comunale dare applicazione al metodo normalizzato di cui al comma 651 della legge n. 147 del 2013 (applicazione della tariffa sulla base di parametri predeterminati dal legislatore) oppure al metodo puntuale di cui al successivo comma 652 della stessa legge (applicazione della tariffa sulla base di una valutazione quantitativa dei rifiuti effettivamente producibili). Tuttavia, la scelta di un metodo rispetto all’altro, soprattutto in presenza di indici di sproporzione, deve essere il frutto di adeguata ponderazione che induca la Pa a scegliere uno dei due modelli non solo per ragioni di “opportunità organizzativa” (cui il privato deve restare indifferente), ma anche per le ricadute in termini pratici ed economici nei confronti degli utenti. In altre parole, deve darsi adeguata dimostrazione che il metodo puntuale, per i suoi criteri di elaborazione e per i suoi effetti finali, non si discosti più di tanto rispetto al metodo normalizzato e non comporti, rispetto a quest’ultimo, benefici di gran lunga superiori. Pertanto, poiché il legislatore ha previsto due metodi tra di loro alternativi, la Pa deve tenerli in considerazione entrambi senza poter sostanzialmente accordare preferenza a uno solo di essi negando, parallelamente, l’esistenza dell’altro. Il potere di scelta tra i due metodi (normalizzato e puntuale) resta saldo in capo alla Pa purché quest’ultima giustifichi adeguatamente le ragioni per cui ritiene di optare per un metodo in luogo dell’altro. Un simile obbligo di motivazione, nella scelta tra i due metodi, assume contorni ancora più stringenti nel momento in cui emergono elementi tali da far propendere per una applicazione iniqua e sproporzionata della tariffa rifiuti per via del metodo normalizzato. Tale conclusione d’altronde è in linea con la giurisprudenza comunitaria secondo cui il metodo normalizzato è ammissibile, ma a condizione che non emergano elementi di sproporzione e di iniquità tali da ritenere preferibile (o quanto meno percorribile anche) il metodo puntuale.

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